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sabato, novembre 11, 2006

Seth Lloyd

A Genova parla Seth Lloyd, l’hacker dell’universo.
Lui si definisce scherzosamente “l’uomo che ha hackerato l’universo”: Seth Lloyd, tra i principali esperti al mondo di computer quantistici, professore del MIT autore de Il programma dell’Universo (Einaudi, 2006), ha delineato nel suo intervento al Festival della Scienza di Genova, aiutandosi con disegni allegramente naives («li ho fatti io, rubando i pennarelli alle mie figlie»)
e senza rinunciare a una robusta dose di humour, un quadro dell’emergente settore dell’informatica quantistica. Per rendere la materia meno ostica al folto pubblico, Lloyd ha cominciato con una lunga serie di flashback ripercorrendo la storia del cosmo a ritroso fino al Big Bang. «Oggi siamo nel pieno della rivoluzione digitale.
Se aprite un computer troverete dei bit, che danno informazione su due possibilità: sì/no, vero/falso o, per convenzione, 0 e 1. Eppure non è la prima rivoluzione nell’elaborazione dell’informazione», continua Lloyd. «Ce ne sono state altre. Una delle mie preferite è l’invenzione della stampa, che ha avuto molto più effetto sull’umanità dell’avvento del computer. D’altronde», s’interrompe solo un attimo, «se non la pensassi così non avrei scritto un libro, ma avrei fatto un blog». Lloyd prosegue analizzando altri cambiamenti culturali: la scrittura, il linguaggio, fino ad arrivare a «quella più sorprendente»: la nascita della vita. «Non sappiamo quando si sia verificata, ma è la mamma, anzi, la nonna di tutte le altre rivoluzioni». O forse, visto che l’universo è più vecchio di 9 miliardi di anni, la più grande rivoluzione nell’elaborazione dell’informazione è stata la creazione dell’universo stesso. «Noi sappiamo che ogni atomo registra un pezzetto, un bit di informazione», sintetizza Lloyd. «Quindi l’universo calcola. E quando abbiamo costruito il computer quantistico, abbiamo hackerato l’universo!». Ma come funziona un computer a quanti? «Chi ha seguito un corso di meccanica quantistica?», chiede Lloyd. Si alzano tre o quattro mani. «Chi non l’ha seguito?», se ne alzano un centinaio. «Bene, quelli che hanno seguito il corso potranno dormire per i prossimi cinque minuti». Inizia così il mini-corso, fra riferimenti seri e altri meno («questo è un elettrone. Sembra un pallone da calcio. A proposito, complimenti per la Coppa»). Lloyd introduce e spiega il concetto di qubit, il bit quantistico, «che è allo stesso tempo 0 e 1».
Di fronte alle facce un po’ sorprese dell’audience, allarga le braccia: Llo so, la quantistica è strana e controintuitiva. Persino Einstein, che pure ha preso un Nobel, non l’amava. Ha delle forme intrinseche di incertezza, ma anche se non la capiamo dobbiamo conviverci». «Riassumendo, in un computer a quanti posso dire a 0 fai questo, a 1 fai questo e a 0+1 di fare questo e quello in contemporanea. Una caratteristica che rende questi elaboratori speciali». Speciali e avvantaggiati rispetto ai computer normali in applicazioni quali database, decrittazione di codici e simulazione di sistemi quantistici.

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